Pontiak @ Circolo degli Artisti (Roma) – 01/03/2012

Attitudine e Visual: Il sound dei Pontiak con l’ultimo album Echo Ono si è fatto decisamente più metallico e aggressivo, allontanandosi dalle ritmiche “fumose” di Maker e Living. Tra tappeti di feedback e fragori serrati, tale impeto “rumorista”, sempre sapientemente compatto e concitato al contempo, si è reso evidente anche in sede live attraverso i perfetti incroci vocali e le calde fusioni di basso, chitarra e batteria del trio della Virginia. La presenza scenica di Jennings Carney, Van Carney e Lain Carney è riuscita a coinvolgere in modo travolgente il pubblico del Circolo Degli Artisti, mentre le movenze impetuose e le sonorità incendiare della band hanno preso vita attraverso le stranianti distorsioni, i giochi di sguardi e le alternanze di battute ritmiche e di controtempi tra i tre membri del gruppo.

Audio: La potenza sonora sprigionata da un live dei Pontiak prende letteralmente vita anche grazie alle frequenze emesse dagli amplificatori, creando una sorta di intenso e godibile muro sonoro di grande levatura acustica e capace di esplodere sui presenti sino a investirli di decibel.

Setlist: I Pontiak pescano brani da tutto il loro repertorio, tra discografia passata (Living, Sun On Sun) e pezzi del nuovo Echo Ono. Scivolano via le possenti tracce del presente come Lions Of The Least, Across The Steppe e la più morbida The Expanding Sky e “ombre antecedenti” come l’acida Laywayed, la deflagrante Young e l’immediata oscurità di Shell Skull.

Pubblico: Molto più corposo e numeroso rispetto al live del 2010, tenutosi sempre al Circolo Degli Artisti, totalmente preso dallo spettacolo e interamente travolto dagli “influssi sonori” provenienti dal palco.

Locura: “Grazie come stanno” ha così esordito il bassista Jennings Carney rivolgendosi al suo pubblico in un simpatico quanto affabile italiano.

Momento migliore: La leggerezza scenica di The Expanding Sky, le tenebre ritmiche Shell Skull e la furia di Lions Of The Least.

Conclusioni: Attraverso l’uso di un robusto apparato strumentale e vocale, i tre fratelli Carney son riusciti a costruire sul palco una sorta di tappeto armonico coinvolgente, trascinando il pubblico tra allucinazioni acustiche distorte e potenti registri stilistici senza tempo.

(pubblicato su www.rocklab.it)

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