Intervista ai Balmorhea: “La musica può ancora dare forma all’immaginario di ogni ascoltatore”

I Balmorhea sanno dipingere un paesaggio strumentale che ha il colore di distanze sterminate e di nature incontaminate, il sapore lontano dell’ignoto e gli odori delle atmosfere texane, lasciando al contempo all’ascoltatore la possibilità di costruire il proprio universo personale e sensoriale. Assieme al chitarrista Michael Muller e al pianista Rob Lowe, abbiamo ricostruito l’immaginario compositivo, contenutistico ed emozionale della band racchiuso in una “sorgente naturale” che, attraverso la riscoperta delle origini, esplora gli anfratti inesplorati del suono.

balmorhea-300x203Balmorhea è il nome di una cittadina della contea di Reeves e anche il nome di un bacino idrico situato nella stessa. Come è nata la scelta di questo nome? Rispecchia forse non solo il vostro modo di fare musica ma anche le vostre origini texane?

Rob: Quando nel 2006 io e Michael abbiamo iniziato a fare musica, non sapevamo ancora quale nome dare al gruppo. Sono cresciuto a Midland, in Texas, una piccola città a poche ore di distanza dalla piccolissima cittadina di Balmorhea, che è la patria di una bella sorgente naturale nel bel mezzo del deserto. Ho trascorso molti giorni lì quando ero ragazzo. Non appena la nostra musica ha iniziato a prendere forma abbiamo così deciso che l’estetica e le sensazioni della sorgente naturale di Balmorhea rispecchiassero al meglio quello che stavano cercando di creare a livello musicale.

Come è nato il gruppo e come si è evoluto nel corso degli anni, anche con l’introduzione di nuovi elementi e componenti all’interno della vostra line up?

Rob: Come ti dicevo in precedenza, io e Michael abbiamo iniziato a fare musica insieme nel 2006. Originariamente lavoravamo a canzoni per chitarra e pianoforte scritte in precedenza, riunendo poi insieme quello che era stato realizzato separatamente. Quando poi abbiamo proseguito scrivendo insieme e portando avanti il progetto, abbiamo pensato di espandere la nostra tavolozza sonora con l’aumento del numero di musicisti, alcuni dei quali suonano tuttora con noi (il nostro violinista Aisha Burns fa parte della band dal 2007).

L’ultimo album Stranger in che modo è stato concepito?

Rob: Quando il lavoro su Stranger era agli inizi, noi vivevamo tutti in diverse parti del Paese. Io mi trovavo nell’Ovest del Texas, Michael a Brooklyn, Dylan a Seattle e il resto della band ad Austin. Questa situazione ha comportato la nascita di un nuovo processo di creazione per noi. Molti dei brani sono nati nella mia camera, dove ho messo insieme molte idee differenti e modellato i pezzi da solo. Poi siamo andati in studio per focalizzare queste idee. I brani sono stati infatti costruiti in studio, molto più di quanto era stato fatto in passato. Abbiamo poi trascorso molto tempo a fare in modo che ogni parte si trovasse esattamente dove volevamo che fosse. Dopo essere passati alcuni anni da Constellations, volevo inoltre realizzare un album che fosse più esaltante e pieno di energia. Stranger è stato concepito come musica pura, nessuna narrazione o storia o messaggio nascosto.

E cosa mi dici di un brano come Pilgrim, che tipo di sensazioni avete voluto trasmettere?

Rob: Quello dipende dall’ascoltatore. Devo dire però che Pilgrim, in un certo senso, si ispira a un brano di Mark Hollys.

Tornando ai precedenti lavori, come è stato composto l’album Rivers Arms? C’è stato un approccio diverso?

Rob: Rivers Arms è frutto di un lavoro di stretta collaborazione tra me e Michael. Allora tutto si muoveva in maniera molto più rapida. Trascorrevamo del tempo a casa per lavorare agli arrangiamenti e poi andavamo in studio e registravamo tutto praticamente dal vivo. Rivers Arms venne registrato e mixato in soli quattro giorni! Questo adesso sembra praticamente impossibile.

Come si è sviluppa la storia tratta dall’antico diario di un colono texano, contenuta all’interno del concept album All Is Wild, All Is Silent?

Rob: Mentre stavamo lavorando alla musica di quello che poi è diventato All Is Wild, All Is Silent, abbiamo iniziato a raccogliere alcuni fili narrativi che sentivamo a noi vicini. Avevo letto molto sulla storia del Texas e mi sono inoltre imbattuto sui diari originali di quel colono. Pensandoci su, questa storia sembrava evocare me stesso oltre a fornire una buona struttura a quello che stavamo realizzando musicalmente.

Constellations invece contiene al suo interno i germi del cosmo e dell’ignoto?

Rob: Constellations rappresentava tutto quello che era legato al mistero e all’ignoto in tutte le sue incarnazioni. Il paesaggio naturale, il cosmo, l’oceano, la notte sono tutti da intendersi come tappe per raggiungere i nostri misteri umani. Per me ha incarnato davvero tutto quello che è inconoscibile.

Come è stato lavorare alla colonna sonora di Kim Chapiron, Dog Pound? La composizione di colonne sonore è un territorio che la band continuerà ad esplorare?

Michael: Lavorare con Kim e il suo team è stato fantastico. È stato il primo grande progetto di quel tipo. Abbiamo incontrato tutto lo staff a Parigi e nel giro di pochi mesi abbiamo composto e registrato una bella mole di musica per il film. La composizione di colonne sonore è sicuramente un settore che vorremmo continuare ad esplorare. Dopo Dog Pound, abbiamo infatti fatto un sacco di lavori su film, documentari, musiche per la pubblicità e persino per videogiochi. È una piacevole giustapposizione dell’altro lato della medaglia rappresentato dal registrare degli album e dall’andare in tour. Entrambi si incastrano e si alimentano a vicenda.

La vostra musica conserva una forte componente emotiva e notturna. Analogamente a quanto avviene con un libro, un film ecc. cercate in un certo senso di evocare i vostri sentimenti interiori attraverso il suono, lasciando però all’ascoltatore la possibilità di sviluppare il proprio mondo sonoro?

Michael: Questa è una delle cose più belle e possibili attraverso la musica strumentale. Consente a chi ascolta una libertà e uno spazio tali da creare un mondo, delle memorie e delle idee di quello che il brano può rappresentare a livello individuale. Mentre noi abbiamo l’abilità di creare dei pezzi e dei dischi come una narrazione libera, la musica può ancora dare forma, brano dopo brano, all’immaginario di ogni ascoltatore.

La musica dei Balmorhea è secondo voi pregna di suoni, immagini e profumi che in un certo senso evocano paesaggi, la natura e le stagioni?

Michael: Sì. Molti degli album sono stati scritti e registrati all’interno di una determinata stagione, che in un certo senso restituisce l’emozione e la generale sensazione che la musica ritrae. Constellations era sicuramente un disco invernale, dall’animo più oscuro, mentre All Is Wild, All Is Silent e Rivers Arms evocano maggiormente delle sensazioni di caldo e luce.

Ritornando all’idea della riscoperta e della e conservazione delle proprie origini, è possibile affermare che ascoltando la vostra musica si riesca anche a scoprire e ad avvicinarsi un pò al folklore e ai panorami texani?

Michael: C’è molto da accreditare all’origine delle cose, agli antenati e alla storia in generale. Parte della nostra musica, specialmente All Is Wild, All Is Silent, è fortemente influenzata da queste storie. Un’annotazione del diario di uno dei primi coloni texani è stata trascritta anche nelle note di copertina dell’album. Le persone provenienti dalle zone aride della parte occidentale del Texas sembrano pensare che la musica si adatti a questa estetica. Forse nel complesso il nostro sound evoca immagini di una frontiera o di spazi aperti, rappresentazioni queste che un ascoltatore di qualunque paese è in grado di capire. Molto di questo processo non è necessariamente premeditato o intenzionale, ma è solo una naturale espressione del nostro ambiente esternato nella musica che facciamo.

Esiste anche una certa attitudine spirituale e introspettiva all’interno della vostra musica?

Michael: Questo deve deciderlo l’ascoltatore. È molto importante per noi sapere che la nostra musica riesce in qualche modo ad emozionare chi ci ascolta. Siamo molto felici quando qualcuno ci dice quali sono le sensazioni che la nostra musica provoca in lui. Non ci sono confini o aspettative.

Quali sono i pro e i contro nel fare musica strumentale?

Michael: Un pro è che la nostra musica può diventare la colonna sonora di un svariato numero di situazioni. Non ci sono ostacoli legati a un testo specifico o a un tema che dovrebbe inserire una traccia in una determinata nicchia. Il contro potrebbe essere legato al fatto che è in qualche modo difficile per le persone da descrivere o classificare. Questo in realtà per noi noi non è un problema, ma è simpatico vedere come differenti persone descrivono o classificano la nostra musica..dalla classica all’alternativa, dal pop al post-rock, ecc.

Come sarà il futuro prossimo dei Balmorhea?

Michael: Siamo alle prese col tour e abbiamo in mente un po’ di date da fare nel 2013 negli Stati Uniti, in Europa e, si spera, anche in Asia. Altrimenti, la lavagna è aperta verso il futuro. Siamo entusiasti!

(pubblicato su www.rocklab.it)

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