Goat – Medicine

Tornano gli sciamani del suono, tornano i Goat e i loro misteri ritmici con l’album “Medicine”. La loro formula magica è da sempre un sogno che si muove sulle linee della psichedelia spruzzata di world music, quest’ultima un po’ meno marcata che in passato.

Medicine è infatti un disco di hard psych, in un certo senso più dolcemente bisbigliato rispetto ai precedenti lavori, meno urlato e corporale, ma non meno carico di potenza suggestiva. Medicine è visione cosmica, siderale e ammaliatrice di suoni, nella quale convivono fuzz e wah-wah astrali, synth ancestrali, sonorità liquide su tappeti di flauti modulari e lunghe digressioni acustiche. È un album che tra le maglie sonore, cela l’antidoto, la cura, la medicina appunto a grandi temi esistenziali. 

In questa visione totalizzante di ritmi e testi, si viene iniziati all’ascolto con i vortici di “Impermanence and Death” e poi catapultati tra le cavalcate soniche di “Raised By Hills”. “I Became The Unemployment Office”, scava groove sensoriali che si espandono all’infinito. “TSOD” modella drappeggi lisergici, mentre Vakna è ruvida deformazione sonora. “You’ll Be Allright” muove spazi astrali. La follia di “Join The Resistance” è invece una cover di un brano dei GÅS, band nella quale forse, il mistero rimane, ci sono membri dei Goat stessi. La ballata distorta “Tripping In The Graveyard” chiude il disco.

Medicine è in definitiva un rituale meditativo, appagante e introspettivo, in grado di trasformare la carne in spirito. Un’esperienza di ascolto caleidoscopica e primordiale capace di dilatare tempo e spazio, facendoci uscire da noi stessi, oltre i confini dell’universo. 

“Shall we practice a little meditation together?”.

(pubblicato su www.xtm.it)

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